Si [los átomos] no se desviaran así, todos caerían rectos,
Como gotas de lluvia, en el vacío sin fondo:
No se darían entre ellos ni encuentros ni choques;
Y la naturaleza no hubiera podido crear nada.
(Lucrecio, De rerum natura)

3.7.11

EL 15M COMO MULTITUD LIBRE. UNA MIRADA SPINOZISTA SOBRE LA SPANISH REVOLUTION

En su obra Leviatán, el filósofo inglés Thomas Hobbes expuso en el siglo XVII y para los siglos posteriores la norma básica de la ideología política moderna. Allí considera que el Estado se funda cuando la multitud adquiere unidad de la sola manera en que podría hacerlo, a saber, siendo representada por una persona o por un número de ellas que se rijan por el voto de la mayoría.
“La multitud no es una por naturaleza, sino muchos”, afirma Hobbes con rotundidad en Leviatán, cap. 16, 14. Y ello impediría, según él, que de ella pudiera surgir acción colectiva alguna. Para que pudiera actuar colectivamente, sería necesario reducir la multitud a unidad por medio de la representación.
Una de las razones por las que la filosofía de Baruj de Spinoza, pensador holandés contemporáneo de Hobbes, ha recibido tanta atención en las últimas décadas es, seguramente, porque su filosofía piensa la acción colectiva de la multitud sin recurrir al paso intermedio de la representación. Para Spinoza, la multitud actúa –y, por tanto, existe como tal– sencillamente cuando sus componentes concurren en la producción de un efecto. Es más, dado que el poder de los gobernantes no puede entenderse con independencia de la sociedad de la que forman parte, su acción política es también un efecto de la multitud. La mayor o menor capacidad de actuar de los gobernantes viene determinada por la potencia o la impotencia de la multitud.
Es así como Spinoza desmonta el edificio ideológico hobbesiano y, por efecto dominó, el de todo el pensamiento moderno dominante. Frente a la idea hobbesiana de una multitud impotente que sólo puede actuar por mediación de sus representantes, exhibe a unos gobernantes cuyo poder viene determinado por la acción de la multitud. [seguir leyendo]




Versión en italiano realizada por Nicolás Martino para Il Manifesto y aparecida el 9 de agosto de 2011:


Quella potente indisponibilità alla rappresentanza 

L'esperienza degli indignati spagnoli riletta attraverso Spinoza La pratica del consenso non cancella le differenze interne, che sono diventate un fattore di crescita del movimento
"Nel Leviatano il filosofo Thomas Hobbes espone i lineamenti fondamentali dell'ideologia politica moderna sostenendo che uno Stato si costituisce unicamente quando la moltitudine si riduce all'unità nella sola maniera possibile, ovvero, facendosi rappresentare da una persona o da un certo numero di persone rette dal voto della maggioranza. Scrive infatti Hobbes che «la moltitudine naturalmente non è uno, ma parecchi», e proprio per questo a partire da essa sarebbe impossibile organizzare una qualsiasi azione collettiva se non riducendo la moltitudine all'unità attraverso la rappresentanza.
Uno dei motivi per cui la filosofia di Baruch Spinoza ha destato tanto interesse negli ultimi decenni è sicuramente il fatto che in essa l'azione collettiva della moltitudine è pensata senza la mediazione della rappresentanza. Per Spinoza la moltitudine agisce, e quindi esiste, solamente quando i suoi componenti cooperano nella produzione di un effetto, e anche il potere dei governanti è un effetto della moltitudine, la loro maggiore o minore capacità di agire è determinata dalla potenza o impotenza della moltitudine.
Ed è così che Spinoza smonta l'intera struttura del pensiero hobbesiano: all'idea di una moltitudine impotente e capace di agire solo attraverso i suoi rappresentati contrappone quella dei governanti il cui potere viene determinato dall'azione della moltitudine. Ma la critica di Spinoza a Hobbes non si ferma qui. Per difendere l'idea di una moltitudine attiva il filosofo olandese sviluppa un concetto alternativo di unità collettiva, pensa un'unità complessa. Effettivamente, al contrario dell'unità rappresentativa hobbesiana che elimina o mette da parte le differenze - la singolarità dei differenti componenti della moltitudine - , l'unità complessa spinoziana presuppone quelle differenze, le esige e le rivendica. Nei dibattiti e nelle discussioni del movimento spagnolo 15M abbiamo potuto distinguere il funzionamento di questi due diversi modi di intendere l'unità. Chi sostiene che bisogna mettere da parte le differenze e convergere sui punti in comune in realtà cerca di mettere in pratica un'unità rappresentativa. Se questa opzione dovesse prevalere finirebbe per minare il movimento riducendolo a una massa di pressione il cui pensiero è perfettamente separabile e quindi rappresentabile. Ma la pratica del consenso che ha caratterizzato le assemblee e le acampadas consiste invece nel costruire un pensiero collettivo a partire proprio dalle differenze, lasciando libero corso all'espressione del contrasto e del dissenso. In questo modo il pensiero non è separabile dalla sua costruzione dinamica in comune e l'intelligenza collettiva aumenta proporzionalmente all'incremento dell'intelligenza dei partecipanti. In questa pratica del consenso prende forma l'unità complessa della moltitudine spinoziana.
Oltre a essere complessa, la moltitudine di cui parla Spinoza è un'unità aperta. Vittorio Morfino sostiene che il termine multitudo, così come lo utilizza Spinoza, potrebbe anche essere tradotto con «congiuntura». La moltitudine è «un tessuto di relazioni e incontri», le menti e i corpi, le pratiche e le istituzioni, i dispositivi e le strutture sociali coagulano e si combinano in temporalità e spazialità eterogenee. E tuttavia la moltitudine non è un mero caos informe, è invece una configurazione dinamica di forze e antagonismi differenti, un'unità complessa e aperta che si di definisce tanto attraverso i suoi concatenamenti quanto attraverso le sue rotture. Bisogna tenerlo presente a proposito di due questioni essenziali che riguardano da vicino il 15M. Mi riferisco, da un lato, alla pluralizzazione delle lotte che si è prodotta a partire dagli anni Sessanta e, dall'altro, alle trasformazioni più recenti prodottesi in seno alla composizione della classe operaia.
La pluralizzazione delle lotte implica il fatto che oggi qualsiasi movimento di trasformazione sociale debba essere un movimento di movimenti. Ed è così anche per il 15M: qui le lotte per la democrazia e contro le ingiustizie economiche sembrano essere quelle dominanti, ma vi trovano posto anche il femminismo, l'ecologismo, l'antimilitarismo e l'internazionalismo. Per quanto riguarda il lavoro, il ruolo sempre più determinante ricoperto dalla dimensione cognitiva, immaginativa e affettiva, insieme alla precarizzazione diffusa, stanno producendo una trasformazione della classe lavoratrice, delle sue forme di vita, di lavoro e di resistenza. Anche in questo caso l'unità di classe che si va configurando è un'unità complessa e aperta come la moltitudine spinoziana. L'unità di classe come capacità di cooperazione produttiva consiste nella costruzione di un sapere, di un'immaginazione e un sentire comuni che crescono non a costo di dissolvere l'eterogeneità, ma proprio perché potenziano le singolarità. Pertanto quelli che sostengono che la classe operaia sia estranea o comunque marginale rispetto al 15M perché il movimento non è egemonizzato dalla figura tradizionale dell'operaio di fabbrica in realtà sono prigionieri della nostalgia. Bisognerà partire proprio dal lavoro e dalle sue trasformazioni, quando per esempio, si vorrà pensare a che tipo di sciopero generale - tutto da inventare - potrà scaturire dal 15M.
Per completare la decifrazione del concetto di moltitudine in Spinoza bisogna aggiungere che la moltitudine ha una potenza, una capacità di agire, che può essere maggiore o minore. Ed è per questo che Spinoza distingue grosso modo tra due tipi di moltitudine: una moltitudine libera e una moltitudine schiava. La moltitudine libera è quella mossa più dalla speranza che dalla paura, che non si limita a evitare la morte ma lotta per conferire dignità alla sua vita, è quella che si riappropria dei frutti del suo lavoro e non quella che nel lavoro si annichilisce a tutto vantaggio dei potenti che la sottomettono. E se la potenza della moltitudine determina sempre la potenza di chi governa nel caso della moltitudine libera questa determinazione consiste nel far sì che i governanti lavorino al servizio della libertà della moltitudine e dipendano da essa. In conclusione la moltitudine libera si sforza di aumentare la propria potenza accrescendo quella degli individui che la compongono, lottando per il suo diritto a una vita degna, alla gioia e alla fraternità"